
Quando il lavoro che ami ti spegne: una riflessione sincera
Amare il proprio lavoro non è sempre una fortuna. A volte è il modo più raffinato per consumarsi lentamente.
Il mito del lavoro che ami
Viviamo in un’epoca in cui ci viene detto che dobbiamo amare il nostro lavoro. Che solo così saremo felici, produttivi, realizzati. Ma è davvero così? O è un’altra forma, più subdola, di alienazione?
Quando trasformi la tua passione in lavoro, rischi che il confine tra vita e lavoro svanisca. Non smetti mai. Ti senti sempre in dovere. Non riesci più a distinguere te stesso dal tuo ruolo. Il lavoro diventa la tua identità, e se non va bene, ti sembra che sei tu a non andare bene.
Ho vissuto in prima persona questa illusione. Amo il digital marketing, le strategie, le sfide. Ma ho imparato a mie spese che se non tracci un confine, la tua passione ti divora. Non ti accorgi di essere stanco, svuotato, perché stai facendo ciò che ami. Eppure qualcosa dentro si spegne.
Quando la vocazione diventa gabbia
Se sei stanco, se vuoi fermarti, ti senti in difetto. "Hai la fortuna di lavorare con passione, non lamentarti".
È così che molte persone bruciano: sotto il peso di aspettative che sembrano privilegio, ma sono solo catene.
Nel mio libro Il maratoneta e l’oscuro passeggero, racconto anche questo: l’importanza di riconoscere quando è il momento di rallentare. Di guardarsi dentro, di rispettare il proprio ritmo. Come nella corsa, anche nel lavoro servono pause, serve ascolto. Non si può correre sempre al massimo.
Credere che l’amore per il lavoro basti a nutrirti è un’illusione romantica. Un lavoro etico, umano, che ti faccia crescere davvero, deve rispettare anche la tua fragilità.
Deve lasciarti spazio per essere persona, non solo professionista.
Uscire dalla retorica per ritrovare senso
Non sto dicendo che non si debba cercare un lavoro che piaccia. Ma bisogna essere onesti. Anche il lavoro che ami ti ferisce, ti stanca, ti può svuotare. E se non impari a gestirlo con lucidità e rispetto per te stesso, rischi di perderti.
Per questo credo che oggi più che mai serva un nuovo modo di lavorare: più sano, più sostenibile, più consapevole. Dove la produttività non sia l’unico metro. Dove conti anche come stai. Dove le persone possano sentirsi intere, non solo utili.
Nel mio lavoro con clienti e aziende, cerco sempre di tenere viva questa attenzione. Sì, voglio portare risultati, ma non a costo di bruciare le persone. Il marketing può essere uno strumento potente se usato con etica. E io voglio contribuire a costruire un mondo in cui anche il lavoro – soprattutto quello che amiamo – non sia una fregatura, ma un’occasione di senso.