
Se la bolla dell’AI scoppia non sarà la fine
Anche se la bolla dell’AI dovesse scoppiare, non significherà la fine. Significherà piuttosto l’inizio di un uso più maturo, concreto e umano.
La storia si ripete
Ogni innovazione attraversa la stessa parabola: entusiasmo iniziale, investimenti smisurati, aspettative oltre il reale, poi disillusione. È successo con le dot-com, con la blockchain e con il metaverso. Oggi tocca all’intelligenza artificiale.
Alcuni analisti parlano apertamente di bolla. Uno studio citato dal Jacobin ricorda come il valore di mercato di società come Meta e Nvidia sia cresciuto in modo sproporzionato rispetto agli utili reali. Lo stesso Mark Zuckerberg ha dichiarato che l’AI potrebbe diventare “la tecnologia più importante della nostra vita”, ma queste frasi vanno lette anche come una promessa agli investitori.
Il rischio di una bolla non significa che la tecnologia sia inutile. Significa che il mercato e la finanza, spesso, corrono più veloci della realtà. Quando le aspettative non vengono rispettate, arrivano le correzioni. Ed è lì che si vede chi rimane davvero.
L’AI non scompare, cambia pelle
Se la bolla scoppiasse, non sarebbe la fine dell’AI, ma la fine di un racconto iperbolico. Quello che rimane è l’utilizzo concreto. Oggi le aziende, grandi e piccole, stanno già sperimentando: automazioni nei processi, agenti che rispondono ai clienti, sistemi per analizzare dati e mercati in tempo reale. Questi strumenti non spariranno. Anzi, potrebbero finalmente liberarsi dal peso delle narrazioni esagerate.
Pensiamo a cosa è accaduto con internet dopo la crisi del 2000: molte startup fallirono, ma la rete continuò a crescere e diventare parte della vita quotidiana. Lo stesso vale per l’AI: un ridimensionamento del mercato potrebbe generare un uso più consapevole. Meno promesse di rivoluzioni totali, più attenzione a soluzioni che funzionano.
Qui entra in gioco l’aspetto umano. Il vero valore non sarà mai solo nel codice, ma nella capacità delle persone di adottare queste tecnologie con intelligenza, etica e senso critico.
Cosa significa davvero per noi
Per chi lavora e vive in questo settore, la domanda non è se l’AI durerà, ma come la useremo. Useremo agenti per semplificare il lavoro, sistemi predittivi per gestire meglio le risorse, strumenti di analisi per prendere decisioni più lucide. Ma dovremo anche porci domande più grandi: quali lavori vogliamo automatizzare e quali no? Cosa resta insostituibile dell’essere umano?
Un mondo in cui l’AI sopravvive al suo primo “crollo” sarà un mondo dove conteranno di più le scelte. Io credo che la formazione sarà decisiva: capire come funzionano questi strumenti, come integrarli, come governarli senza delegare ciecamente. È qui che nasce l’opportunità.
Forse la bolla scoppierà, forse no, ma ciò che conta non è l’andamento delle azioni in borsa. Conta il modo in cui decideremo di usare l’AI per creare valore, non solo economico ma anche umano. Perché, in fondo, la vera rivoluzione non è la tecnologia, ma la consapevolezza con cui la abbracciamo.